L’ULTIMO ORIZZONTE

Leopardi è il poeta “De l’ultimo orizzonte” o meglio, come lui stesso scrive in una stesura dell’Infinito, del “celeste confine”, quello che diventa visibile alla luce della luna e che “rivela serena ogni montagna”.
È questa sua poesia a svelare, oltre all’ultimo orizzonte, anche un limite precedente che è quello di “questa siepe” che “da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”.
La siepe di fronte all’osservatore, “questa siepe”, si fa nel testo improvvisamente remota “…di là da quella”, perdendosi così indefinitamente in quella zona oscura che chiamiamo infinito.

Con Il celeste confine entriamo nel territorio ardito del paradosso che ci allontana da ogni possibile frontiera, oppure, come in questo caso, ce ne indica addirittura due: la siepe e l’ultimo orizzonte.
Vi è il turbamento di un mondo che ha un doppio confine.
L’ultimo orizzonte, al di qua del quale potevamo definire il mondo si fa a noi prossimo, fino a toccarci e nel momento della sua massima vicinanza, sul suo limite si apre l’oscurità di uno spazio che non ha confine. La voce del silenzio giunge da quell’infinito e ci racconta di una mistura vertiginosa di tempi, eventi e cose.

THE LAST HORIZON

Leopardi was the poet of “De l’ultimo orizzonte”, Of the Last Horizon, or, as he himself was to write in a version of Infinito, of the “sky-blue boundary”; he was the poet of what becomes visible by moonlight and “reveals each mountain to be serene”.
It is this poem of his that reveals, beyond the last horizon, the preceding boundary as well, the one represented by “this hedge” that “excludes my view from so much of the last horizon”.
In the poem “this hedge”, the hedge in front of the viewer, suddenly becomes remote “… beyond this one”, and loses itself indefinitely in that dark area we call the infinite.

With the sky-blue boundary we enter a daring paradoxical territory that distances us from any possible boundary, or else, as in this case, actually shows us two of them: the hedge and the last horizon.
Here is the disturbance of a world that has a double boundary.
The last horizon, on this side of which we could define the world, comes near to us to the point of touching us; and at the moment it is nearest, on its edge there opens up the darkness of a limitless space. The voice of silence arrives from that infinity and tells us of a dizzying mixture of times, events, and things.